Le facili vie di comunicazione con l'Urbe, la estrema vicinanza
e la più stretta colleganza specialmente commerciale di Orte con
i paesi dell'Umbria, la importanza stessa della città ,
antichissima sede vescovile,
(Notiamo che in
quell'epoca era Vescovo di Orte un certo Paolo, eletto da
Innocenzo III del quale era stato cappellano)
possono
essere tutti motivi che quasi necessariamente dovevano includere
il
territorio ortano
nel campo particolare d'azione di S.
Francesco d'Assisi, e far si che anche la nostra città avesse la
fortuna di essere visitata dal Serafico Patriarca e di gustare i
tesori della sua ardente parola di pace e di amore.
Ed ecco infatti S. Francesco in Orte coi suoi primi undici
compagni, non appena poté avere dal Pontefice Innocenzo III
primo sigillo a sua religione.
Tomaso da Celano, il più autorevole biografo di S. Francesco,
ricorda e descrive ampiamente il passaggio del Poverello in Orte,
dopo l'approvazione della regola, e la sua dimora in questa
città; dimora che si prolungò per lo spazio di ben quindici
giorni
(Tomaso da Celano - Vita I, p. I, cap. XIV).
Forse il santo
era passato per il territorio ortano anche nel viaggio di andata
a Roma, ma i biografi nessuna notizia ci danno al riguardo.
Nelle pagine
seguenti, diremo dei luoghi che secondo alcuni storici e la
tradizione servirono di asilo al Serafico Patriarca durante il
soggiorno nella nostra città, e diremo pure come altre volte,
dopo la permanenza dei quindici giorni, sia venuto S. Francesco
in Orte; ci fermiamo intanto su quanto narrano i principali
storici del primo passaggio del Santo in Orte.
Ritornava dunque
S. Francesco da Roma coi suoi undici compagni, e, forte
dell'approvazione e della benedizione apostolica, in tutti i
paesi e castelli che incontrava per via, si fermava a predicare
la penitenza e la pace.
Si legge nella leggenda dei tre
compagni, (Leggenda di S. Francesco
d'Assisi, scritta da tre compagni - cap. XIV <a cura del P.
Melchiorri - Recanati 1856>) che S. Francesco
sembrava una nuova luce irradiata dal cielo sulla terra, ed
anche i più dotti restavano ammirati e commossi da quella
predicazione, perché Iddio stesso parlava per bocca del
Poverello.
Lo Chérancé,
nella sua Vita di S. Francesco, riporta un episodio narrato da
S. Bonaventura, e che segnalò il ritorno di S. Francesco da
Roma.
<<Una sera, dopo una lunga
giornata di cammino, rifiniti dalla fatica, si assisero i frati
sul margine della via; la fame li tormentava, ma non avevano di
che reficiarsi ed erano lungi dall'abitato. La Provvidenza però
non mancò; improvvisamente apparve loro un bel giovane, che
deposto vicino ad essi un pane bianco, disparve. I frati
mangiarono, e la virtù di quel pane celeste, ristorò le forze
dei loro corpi, mentre il pensiero della cura amorosa della
Provvidenza pei suoi poveri volontari, inondava l'animo loro
d'indicibile allegrezza>>.(P.
Leopoldo Chérancé - S. Francesco d'Assisi - 1182-1226 - Ed. Ital.
Venezia 1917)
Il giorno
appresso giunse S. Francesco in Orte, e, stanco ed affaticato
pel lungo viaggio, compiuto sotto il sole cocente d'estate, qui
si fermò presso una chiesetta rurale abbandonata, in attesa che
il Signore gli rendesse manifesta la Sua volontà circa la
definitiva dimora ed i compiti assegnatigli.
Preso quindi
alloggio in quella rustica chiesa, S. Francesco coi suoi frati,
non mancarono di recarsi più volte dentro le mura della città
per spandervi la parola della fede, e non senza ottenere larga
ricompensa delle loro fatiche.
Il popolo ortano
accolse infatti col più vivo entusiasmo il grande Imitatore di
Cristo, la cui ardente parola di pace e di amore valse certo
efficacemente non solo a sedare le lotte intestine che
dilaniavano in quell'epoca anche la nostra città, ma a
santificare le anime ed a richiamare tutti all'osservanza delle
divine leggi. E tanto profonda impressione e tanto fascino aveva
esercitato la fervida predicazione di S. Francesco, che la gente
non si conteneva più di udire la Sua parola nelle chiese e nelle
piazze della città, ma in gran folla si recava continuamente
presso il luogo dove i frati avevano preso dimora e sostava lì
tutta la giornata, come assetata della parola del Santo.
Abbondanti
elemosine venivano date ai frati: anzi, era talvolta così
abbondante l'elemosina, che le provvigioni bastavano anche per i
giorni seguenti, e poiché il ritiro era in luogo deserto e non
vi erano poveri cui potessero dare in elemosina il superfluo, le
provvigioni venivano riposte in una tomba che negli antichi
tempi aveva racchiuso corpi di morti.
S. Francesco si
trattenne nella nostra città, come abbiamo detto 15 giorni; e
non volle prolungare oltre questo periodo la sua permanenza,
trovando il clima troppo molle e temendo che i frati,
affascinati dalle tante delizie prodigate dalla natura,
perdessero lo spirito della penitenza e della mortificazione.
Tanto bello infatti era il luogo dove i frati avevano preso
alloggio, che poco mancò, dice Tomaso da Celano, che
rinunziassero per esso al programma di vita di cui avevano poco
fa ottenuta l'approvazione solenne.
<<Veramente, nota lo Joergensen,
(G. Joergensen - S. Francesco
d'Assisi -cap. III) quella vita solitaria e
appartata dal mondo fra la quiete dei monti, esercitò un fascino
sì forte sui frati che, nel modo più serio, si domandarono se
non farebbero meglio, per la salute dell'anima loro, a fissare
là la loro dimora, menando una vita tutta ascetica, dimentichi
del mondo e degli uomini. Tentazione facilmente compresa da
tutti quelli che hanno visitato le regioni montuose di quella
parte d'Italia>>.
La divina
volontà non tardò a manifestarsi al santo e di fargli presente
tale pericolo; e S. Francesco perciò subitamente si partì da
Orte alla volta di Assisi.
Il fatto della
continua affluenza di popolo al luogo dove S. Francesco aveva
preso alloggio coi suoi frati e che non permetteva loro forse
non solo di pregare e ringraziare Iddio ma nemmeno di godere un
po' di necessario riposo, nonché l'entusiasmo quasi eccessivo
della gente, crediamo valsero molto ad affrettare la partenza
del Serafico Patriarca da Orte.
A proposito della tentazione che
aveva avvinto quì in Orte i frati di fissare in luoghi solitari
la loro residenza, anche il Le Monnier scrive :< Sembra che in
questo luogo si agitasse una questione interessante l'avvenire
della loro vita monastica: dovevano essi stabilirsi in luoghi
solitari, ovvero costruire poveri conventi nelle città in mezzo
al popolo? Pregarono per tale oggetto fervorosamente Dio, e dopo
aver pregato secondo la proposta fattane da S. Francesco, si
trovarono tutti dello stesso pensiero, dicendo che ad esempio di
Colui che al dir dell'Apostolo, si è immolato per tutti, era
conveniente fissarsi in mezzo alla città dove avrebbero potuto
edificare coll'esempio e salvare maggior numero di anime.
Francesco dunque stabilì che così si facesse e il piccolo
drappello senza ritardare, riprese la via per la valle di
Spoleto (Ab. Leone Le Monnier -
Nuova Storia di S. Francesco d'Assisi - III Ed. Ital., Vol. I,
cap. V, p. 149).
La permanenza ad
Orte di S. Francesco e dei suoi primi compagni, ha certamente ,
per i fatti suddetti, grande importanza nella storia del
francescanesimo, e non poteva non lasciare un gradito ricordo
anche nello stesso Serafico Padre che, come diremo in seguito,
tornò altre volte nella nostra città; e nei discepoli che si
dall'inizio dell'ordine vollero subito occupare devotamente il
luogo che per quindici giorni aveva servito di asilo al
Poverello.